a cura di Paolo e Ulisse Casartelli
In questo periodo (2006) il mondo del Craniosacrale sta attraversando una fase critica che rischia di sterilizzarlo e derubarlo della sua essenza più profonda. La pratica del Craniosacrale dovrà essere regolamentata e inquadrata a livello giuridico: una delle proposte addirittura è stata quella di rendere la formazione degli operatori un percorso universitario a laurea breve.
Al di là che questo possa avvenire o meno, bisogna chiedersi se la formazione a stampo universitario sia adeguata a trasmettere l’essenza del craniosacrale, soprattutto della biodinamica? La stragrande maggioranza di noi dice: No! Ma per poter giustificare questo “no” così deciso bisogna avere ben chiaro qual’ è l’aspetto del craniosacrale che verrebbe compromesso da questo tipo di formazione. La risposta per molti è già evidente: la formazione universitaria non è in grado di garantire un adeguato spazio alla pratica esperienziale in prima persona, sia per impostazione educativa che per mancanza di competenze e per mancanza di adeguate strutture.
Ma perché l’esperienzialità, il sentire e il contatto in prima persona hanno un valore fondamentale e primario e non secondario alla comprensione teorico nozionistica universitaria?
Per rispondere a questa domanda ed apprezzarne il valore bisogna che in primo luogo ci chiediamo: Cosa significa sentire in senso esistenziale? Cosa significa toccare in senso ontologico? Quale percezione esistenziale ci si apre al momento del contatto? In altre parole: cosa sento quando sento?
Le risposte che comunemente possiamo dare a queste domande sono migliaia, soprattutto se intendiamo la domanda in senso psicologico o artistico, ma se intendiamo restare fedeli allo sguardo fenomenologico la prima percezione del sentire ci darà un’unica risposta.
Iniziamo con la constatazione del fatto che tutto il mondo da noi conosciuto passa attraverso le sensazioni, sensazione visiva, gustativa, uditiva, sensoriale, olfattiva e mentale. A sua volta il sapere stesso di queste sensazioni, e cioè ciò che caratterizza la nostra esperienza cosciente, non è altro che un sentire di sentire. A questo punto la nostra domanda incontra un limite intrinseco, siamo in un labirinto senza uscita, alla domanda “cosa significhi sentire?” tutte le risposte saranno percepite come un sentire.
Ci si mostra un loop interessante, ci è impossibile uscire dal sentire per comprendere cosa significhi il sentire. Qualsiasi punto di vista che adotteremmo sarà anch’esso nel sentire.
Da bravi occidentali dinnanzi ad una simile constatazione siamo pervasi dal terrore, ma come!?! Così in fretta siamo giunti alla fine della mente, alla fine della comprensione? Ma no….CI DEVE ESSERE UNA RISPOSTA!!! E così iniziano infinite teorie e metafisiche sul significato del sentire.
Un pensatore tipico a questo punto si dice: se siamo giunti al limite del pensiero allora la questione del sentire è priva di significato, priva di valore… Ma ne siamo proprio sicuri? provate a dirvi con fermezza:
“Sì certo, ciò che sento nelle mie viscere è privo di significato, è privo di valore!”
Per il lettore attento apparirà evidente che con questa affermazione ciò che volevo evidenziare è che nonostante ci si trovi al limite della mente questo non significa che siamo al limite del nostro sguardo. L’operatore Craniosacrale sa bene che ciò sente gli è impossibile a definirsi, ma ciò che si svela attraverso quest’ignoto strumento è ciò che c’è di più chiaro ed evidente.
Il sentire, le nostre sensazioni, nel loro essere ignote, non sono un punto d’arrivo ma piuttosto il mezzo per avvicinarsi al mistero di ciò che ci sta accadendo. Il mistero di noi stessi, il mistero del nostro sentire, il mistero di tutto ciò che niente non è. Per mistero non intendo un mistero per la mente, o il mistero di una qualche essenza o natura ignota, ma il puro prodigio dell’impossibilità di questo esserci ora, adesso, in quest’istante. Il fatto d’Essere. Chi legge queste parole con nessuna difficoltà sentirà già un muoversi delle viscere e del cuore, il sentire in atto sta svolgendo la sua funzione, ha iniziato a parlarci del mistero dell’essere…
Ora, quando con una mano, con le mie dita mi accingo al contatto di un corpo in quel primo istante il mio cuore e quello del ricevente sussultanodel mistero delle nostre esistenze, e il sentire come una finestra aperta mi lancia oltre se stesso aprendomi all’unico ed autentico fatto dell’Essere: ci sono!
Ecco il significato nascosto che si svela in primis nel contatto, come direbbe Martin Heidegger: ci sono invece che niente!!! E proprio in questo spazio, nascosto ma ricco, di ciò che accade nel primo istante di ogni percezione che il cuore si espande, si scalda e la coscienza si illumina di mistero.
Per poter argomentare il valore del sentire, è necessario riconoscerne l’origine, ciò che lo muove, la sua causa. Una sensazione in sé slegata dal suo significato non è altro che un evento fisiologico. L’emozione per noi acquista significato solo in virtù di ciò che ci svela ci riguarda, “valorosa” non è la sensazione ma ciò che la sensazione veicola. A questo punto la domanda è: abbiamo chiaro cosa veicoli la sensazione? O forse ne abbiamo vaghi presentimenti? Perché se non fosse chiaro sarebbe veramente difficile poter giustificare cosa ci sia di così valoroso in ciò che sentiamo. Ovvio che risposte molto generiche e vaghe sono sempre a buon mercato, ma se raggiungiamo la sorgente di ciò che percepiamo non possiamo assolutamente confonderci, la fonte è una: Essere invece che Niente! Allora dunque cosa sentiamo al primo contatto?
Il grande uno? Dio? Amore? Nulla? O piuttosto il mistero della nostra impossibile esistenza?
A questo punto non sta a me rispondere per il lettore, sta al lettore stesso giudicare cosa in quel primo contatto si svela come indubitabile verità. E in seconda istanza giudicare cosa abbia valore nell’evento del contatto. Come consiglio personale la domanda che rivolgo è: parlare di Dio, amore o altro non casca già nella rete dei significati mentali? Non sono forse già delle forme che percepiamo attraverso il sentire?
Nel parlare del mistero dell’essere ci riferiamo a un fatto ben più a monte della mente stessa e proprio in questo ciò che ci chiediamo è: quando la mente si dissipa e i nostri pensieri non sono che vuote assurdità, delle forme sospese nell’aria, cosa si svela all’immediatezza del nostro sentire?
La millenaria tradizione orientale propone i koan o poesie zen come strumenti per portare il praticante a vedere e contemplare questo fatto:
“Quale è la voce dei cedri e dei pini quando non c`è un alito di vento?”
“La voce dei cedri e dei pini quando non c`è un alito di vento dice ciò che io sono…”
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“Antico stagno, una rana salta, suono d’acqua…”
“Nessuno stagno, nessuna rana, ecco il rumore!”
Nelle discipline orientali la visione e valorizzazione del mistero dell’esistenza non consistono in una conoscenza nozionistica o una informazione teorica, come potrebbe risultare da una educazione a stampo universitario europeo, ma vengono trasmesse come pratica all’interno di una Via guidata da un insegnante o un maestro, un percorso, che attinge all’esperienza in prima persona di sé e del proprio sentire.
Il Craniosacrale Biodinamico nel suo massimo potenziale ci apre proprio a questa profondissima possibilità di visione e comprensione del Mistero della Vita.